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I Dati della Ricerca sullo Psicologo di Base

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Dalla ricerca condotta negli ultimi 40 anni sugli effetti della cooperazione tra Medici e Psicologi nell’ambito delle cure primarie è emerso che tale collaborazione:


-  Riduce il carico di lavoro del Medico di Base (del 48%)

-  Riduce significativamente i tempi di attesa dei pazienti

-  Riduce la spesa sanitaria per esami, visite specialistiche e farmaci (33%-47%)

-  Riduce il ricorso a esami, visite specialistiche e uso di farmaci

-  Riduce la frequenza delle ospedalizzazioni e dei tempi di ospedalizzazione

-  Aumenta significativamente il benessere psicofisico dei pazienti (es.: riduzione del 34% della mortalità cardiaca e del 29% del numero degli infarti)

Vediamo più in dettaglio cosa è emerso dalla ricerca internazionale e nazionale sugli effetti dell'introduzione dello Psicologo di Base (Psicologo delle Cure Primarie) nel'ambito delle cure primarie, ambito quest'ultimo che in Italia è rappresentato prevalentemente dallo studio del medico di medicina generale:


  • Sino al 70% dei pazienti che richiedono un appuntamento dal medico presenta problemi psicosociali legati a tale richiesta (Gatchel and Oordt - APA, 2008), problemi sui quali lo psicologo può intervenire efficacemente.
  • Mediamente un Medico di Medicina Generale con 1500 assistiti, nell’arco di un anno incontrerà:

45-75 pazienti con depressione
53-60 pazienti con disturbi d’ansia
36-45 pazienti con disturbi situazionali e reattivi
2-3 pazienti con schizofrenia
4-5 pazienti con depressione grave o disturbo bipolare
3-4 pazienti con demenza
3-4 pazienti con dipendenza da alcool o sostanze

Non sono classificati tutti i disturbi sottosoglia, comportanti gravi disabilità e sofferenza soggettiva (Tansella e Di Girolamo, 2001).


  • I pazienti che soffrono di disturbi mentali presentano una maggiore sintomatologia fisica (Katon et al., 1990; Kroenke et al. 1994) e utilizzano circa il doppio delle risorse sanitarie rispetto ai pazienti che non presentano psicopatologia (deGruy, 1994); nei pazienti con disturbo di somatizzazione l'utilizzo di tali risorse è addirittura 9 volte maggiore rispetto alla media nazionale (Smith, 1994).
  • Cummings et al. (1962; 1967; 1968) hanno documentato che ben il 60% delle visite eseguite dai medici riguardavano pazienti senza malattie fisiche o con problemi psicologici che esacerbavano i sintomi fisici. Questi dati sono stati confermati anche da studi più recenti (O’Donohue et al. 2002; Badger, 1994; Fries et al., 1993 Ballenger, 1987; Barrett et al.,1988; Bridges and Goldberg, 1985; Shapiro et al., 1985; Kessler et al., 1987; Lebowitz et al., 1997; Regier et al., 1978; 1993; von Korff et al., 1992; West, 1979).
  • Bea e Tesar (2002) hanno riscontrato che più della metà dei disturbi mentali comuni sono trattati esclusivamente nell'ambito dei servizi di cure primarie.
  • Da un’analisi della letteratura sulle ricadute economiche degli interventi psicologici nell’ambito delle cure primarie è emersa una riduzione delle spese sanitarie tra il 33 ed il 47% (Lazzari, 2011).
  • Da una meta-analisi è emerso che interventi integrati (farmacologici e psicologici) comportano minori spese sanitarie (Flor, 2002).
  • L’aggiunta di interventi psicologici per i pazienti con serie patologie mediche determinano (Lechnyr, 1999):

-       77,9%  riduzione della durata media dell’ospedalizzazione

-       66,7%  riduzione della frequenza delle ospedalizzazioni

-       48,6%  diminuzione numero di prescrizioni

-       48,6% diminuzione del numero di visite nello studio del medico

-       45,3% diminuzione delle visite mediche domiciliari

-       31,2% diminuzione dei contatti telefonici

  • Da una meta analisi su 37 studi gli effetti di interventi psicologici su pazienti con malattie cardiovascolari (educazione alla salute e gestione dello stress) hanno mostrato una riduzione del 34% della mortalità cardiaca e il 29% di riduzione nel numero degli infarti; inoltre vi è un effetto significativamente positivo su pressione sanguigna, colesterolo, peso corporeo, fumo, esercizio fisico ed abitudini alimentari (Dusseldorp et al., 1999).
  • E’ stata osservata anche una riduzione delle spese sanitarie del 30% nei pazienti con malattie cardiovascolari sottoposti a trattamento psicologico, a fronte di un aumento del 20% nei controlli (Shellemberger et al., 1996).
  • Gli interventi di tipo psicologico nei pazienti cardiaci riduce il rischio di nuovi eventi nel 75% dei casi rispetto ai pazienti trattati con sole cure di tipo medico (Sobel, 2000).
  • In molti studi è stata dimostrata l’efficacia degli interventi psicologici nel trattamento di mal di schiena, mal di testa, fibromialgia, temporomandibular disorder (DTM), dolore gastrointestinale infantile (Kroner-Herwig 2009).
  • Sino ai 2/3 dei pazienti che presentano problemi che rientrano in una diagnosi di disturbo mentale, non riceveranno una diagnosi dal medico delle cure primarie (deGruy, 1996; Spitzer et al., 1994).
  • Molti disturbi psichiatrici vengono comunemente diagnosticati e trattati nel settore delle Cure Primarie senza il ricorso ad uno specialista della salute mentale (Miranda et al., 1994).
  • Nel caso della depressione è stato stimato che solo un paziente depresso su tre cercherà delle cure dirette per i sintomi depressivi (Goodnick et al., 1995); di questi, il 70%-90% si rivolgerà ad un medico delle cure primarie (Blacker and Clare, 1987) con conseguente netto aumento del carico di lavoro per il medico e aumento del ricorso a visite specialistiche, esami e assegnazione di psicofarmaci.
  • L’Italia è al quinto posto nel mondo per consumo di psicofarmaci, circa nove milioni di italiani ne fanno uso. Sono la seconda categoria di farmaci più diffusi in Italia, dopo quelli per il sistema cardiovascolare. Le donne consumano il doppio degli psicofarmaci degli uomini (Liuzzi, 2011).
  • Da una ricerca condotta in Italia dall’Associazione per la Ricerca sulla Depressione e presentata ad un Convegno nel 2007, dei  532 medici di famiglia intervistati, 317 hanno dichiarato di prescrivere psicofarmaci (per l’ansia e la depressione) nel 50% circa dei casi, 114 nel 70-80% dei casi,  e 101 nel 20-30% dei casi.
  • In Italia il consumo di antidepressivi dal 2002 al 2010 è passato dal 19,9 al 35,7%, con un incremento annuo del 6,7%. Il 6,4% della popolazione generale che ha usufruito di almeno una prescrizione di antidepressivi in un anno (circa 3.800.000 italiani) (Liuzzi, 2011).
  • Gli psicofarmaci più diffusi sono le benzodiazepine: 126 confezioni ogni 100 abitanti, più di una scatola a testa all’anno. Nel 2010 la benzodiazepina è stato il farmaco di classe C più venduto in Italia, con il 17,3% della spesa totale, pari a oltre 535 milioni di euro (Liuzzi, 2011).
  • Il peso economico del disagio psicologico e psichiatrico è stimato fra il 3 e il 4% del PIL dell’Unione Europea (OMS).
  • In molte nazioni sviluppate, dal 35% al 45% dell’assenteismo sul posto di lavoro è causato da disturbi mentali e psicologici (OMS).

 

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